Via F.lli Disperati 10 – Buti
II Teatro “Francesco di Bartolo” è nato nella prima metà dell’Ottocento, per l’esattezza nell’anno 1842: L’Ottocento è stato il secolo d’oro per l’arte a Buti: con la pace conseguita alla fine di tante guerre (con i Pisani, Lucchesi, Fiorentini e Milanesi) ci fu grande fioritura di pittori, poeti ed amanti del teatro. Un gruppo di famiglie benestanti, si unirono in una associazione GLI ACCADEMICI RIUNITI e finanziarono la costruzione del Teatro con il preciso scopo di servire, come riportato nello statuto dell’epoca, a “…spettacoli di prosa, di musica, a feste da ballo, balli e trattenimenti, conferenze…
Il teatro presenta caratteristiche distributive e architettoniche dei Teatri dell’epoca, con pianta “a ferro di cavallo”, con platea, palcoscenico e due ordini di palchetti, oltre ad altri locali adibiti ad usi diversi. In questo senso esso costituisce un esempio tipico di teatro all’italiana, che si ispira, anche se con un modulo estremamente ridotto, alla scala di Milano. La struttura a “palchetti”, adattata alle più modeste esigenze di Buti, sanciva il ruolo dell’aristocrazia locale. Ogni famiglia, infatti era proprietaria di un palchetto (ve ne sono 25) mentre l’ingresso al teatro era vietato al popolo. Il teatro possiede un ottima acustica che lo rende adatto anche a spettacoli musicali.
Il bellissimo sipario bianco (raffigurato qui a fianco e purtroppo andato perduto), fu dipinto da Annibale Mariannini, pittore butese dell’ottocento. L’immagine ritrae l’eroina pisana Paola da Buti mentre calpesta la bandiera fiorentina, liberando Buti dall’oppressivo dominio. Anche l’immenso lampadario di vetro di Murano, che copriva quasi completamente la volta del teatro, non è stato più ritrovato. II nome “Francesco di Bartolo” è stato scelto in onore di un grande poeta butese del ‘400, autore del primo commento della Divina Commedia. Finiti i fasti dell’ottocento, con l’inizio del nuovo secolo la vita del Teatro declina verso un’inesorabile decadenza, che attraversa una fase, nel secondo dopo guerra, di riadattamento a cinematografo (riduzione del palcoscenico e dei palchi di barcaccia) fino ad uno stato di totale abbandono e quindi di chiusura nel 1971. Alla fine degli anni settanta (1977) il Teatro viene acquisito dall’Amministrazione Comunale, e prende avvio una ristrutturazione con finanziamenti FIO e Comunali. Il restauro progettato ed eseguito dall’architetto Frassi è ultimato nel 1987. E’ un restauro che rispetta scrupolosamente la struttura, la forma ed i colori originali, e che ha restituito al teatro l’originario splendore.
Con i suoi 220 posti riapre i battenti nel 1987, divenendo in pochi anni un importante centro di diffusione e produzione teatrale, segnalandosi come uno dei fenomeni più originali del panorama culturale italiano. Con la nuova struttura è stata inaugurata anche una politica culturale volta sia a conservare le tradizioni del teatro popolare amatoriale, sia a produrre sperimentazione e ricerca teatrale, per costruire una alternativa al teatro di mercato. Da qui è passato il meglio del teatro di ricerca. Qui si impagina una stagione non omologata di tutto rispetto, si organizzano rassegne non convenzionali (come “Piccoli Fuochi”), si producono spettacoli importanti e si sviluppa, insieme alla Compagnia del Maggio intitolata a Pietro Frediani, una ricerca sulla tradizione del Maggio (l’arte di recitar cantando), recuperando così un patrimonio che rischiava di andar perduto.
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