L’olio di Buti nei secoli

Il più antico documento in cui si parla dell’olio nelle nostre zone è dell’anno 796 nello scritto “L’Abbazia di Sesto e il lago di Bientina”. In questo antico atto si descrive “Amico, prete, concede ad un certo Domenico una casa ed un oliveto appartenenti all’Abbazia di Sesto contro la cessione di tutto l’olio prodotto ogni anno”. Sappiamo che l’Abbazia estendeva le sue proprietà anche nel territorio di Buti, in particolare di Cintoia.

Facendo un salto nel tempo troviamo poi tra il 1251 e il 1298 alcuni atti notarili nei quali si parla della raccolta dell’olio e più precisamente si definisce in alcuni passi che la raccolta delle olive e la loro frangitura avvenivano nel trimestre ottobre-dicembre con consegna alla stessa Abbazia a gennaio.

Nei secoli successivi Buti segue le sorti di Pisa e nel 1509 la città passa sotto il dominio fiorentino compresi i Castelli del contado che nei secoli erano sempre stati fedeli e leali servitori della Repubblica Pisana. La caduta di Pisa segnò la fine e l’abbandono completo dei castelli di Buti che vide così morire il suo passato.

Abbiamo nuovamente notizia dell’olio nel 1586 con un primo importante documento emanato dal Serenissimo Gran Duca di Toscana che voleva limitarne la vendita e l’esportazione ai lucchesi e poi nuovamente nel 1768 in una “Relazione della grande inchiesta leopoldina: la manifattura a Buti nel 1768” nella quale si precisa “…l’olio di Buti ha sempre il credito di essere tra i migliori della Toscana…”.

Seguono a questi altre testimonianze a partire dalla seconda metà dell’800 su numerosi riconoscimenti ricevuti nelle varie esposizioni nazionali e internazionali a Firenze, Parigi, Londra, New York, Pisa, Vienna e Torino fino ad arrivare ai giorni nostri nei quali numerose sono le pubblicazioni sull’olio, sul suo legame con il territorio e sul suo utilizzo nella cucina tradizionale toscana.